Le banche di interesse nazionale identificavano in Italia un tipo di banca, dette tali a seguito della promulgazione della "legge bancaria" che nel 1936 (regio decreto legge 12 marzo 1936, n. 375 convertito con modificazioni in legge 7 marzo 1938, n. 141) riformò il sistema.

Storia

La rivalutazione forzosa della lira del 1927 e la crisi del '29 avevano spinto la grande industria italiana in una situazione di crisi che si era trasmessa al sistema bancario. Venne creato un ente, l'Istituto per la Ricostruzione Industriale a carattere prima provvisorio e poi permanente al quale conferire le partecipazioni industriali detenute dalle tre maggiori banche (Banca Commerciale Italiana, Banco di Roma, Credito Italiano) italiane, che non trovarono acquirenti privati.

Questo modificava il precedente status di tali istituti, precedentemente banche miste, e quindi con possibilità di compiere operazioni di diversa durata temporale (breve o lungo termine).

Tutto ciò mutò di nuovo nel 1993 con il testo unico bancario del governo Amato, che consentiva, in sostanza, il ritorno alla "banca mista", anticipando di sei anni, un'analoga mossa del Congresso degli Stati Uniti con l'abrogazione del Glass-Steagall Act risalente al 1933.

Descrizione

La legge bancaria operò la netta separazione fra banche commerciali e banche d'investimento, con l'obiettivo di rompere il meccanismo di compartecipazione che aveva portato le banche sull'orlo del fallimento. Le tre banche furono trasformate da questa legge in banche di interesse nazionale: la fisionomia di questi istituti era così quella di banche di credito ordinario che non potevano tuttavia fare più prestiti all'industria né essere proprietarie di valori industriali, il credito venne, inoltre, qualificato come funzione di « interesse pubblico » e del sistema bancario come « difesa del risparmio ».

Note

Voci correlate

  • Istituto di credito a medio e lungo termine
  • Quota 90
  • Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia

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